Cosa fare a Palermo, le esperienze da non perdere

Palermo, quando si presenta, quando ti porge la mano e ti dice “Arrivasti?!”, appena giunto alla Stazione Centrale, quaranta gradi all’ombra, mostra il suo lato ostile, difficile, eppure, ci scommetto, c’è qualcosa che ti affascina. Percepisci che c’è qualcosa che ti sfugge, che c’è una bellezza che non riesci ancora a cogliere a pieno. Allora cominci ad osservarla nei dettagli.

Palermo è la città dei particolari, non potrebbe essere altrimenti. Se non si percepissero quelli, sarebbe solo una città della Sicilia, come le altre, calda, assolata, disordinata. Una città riassunta da cartoline standard: Il Teatro Massimo, Piazza Pretoria, La Cattedrale, il golfo di Mondello. Tutto bello, prezioso, interessante, ma Palermo è una città che regala esperienze solo a chi è intenzionato a scovarle; lasciarsi andare alla cultura di una città straniera non è semplice, bisogna fidarsi, informarsi, lasciarsi andare.

Se siete pronti per assaggiare Palermo ad occhi chiusi e riconoscerne i sapori contrastanti, ma semplici e naturali, allora chiudete qualsiasi guida turistica raccomandata, alzate lo sguardo, aguzzate i sensi ( tutti quanti, che per Palermo sono anche troppo pochi) e lasciate alle spalle qualsiasi preconcetto già sentito sulla città. Si dice e si è sempre detto tanto su Palermo. Quando i turisti raggiungono la città hanno a volte delle aspettative anacronistiche, altre volte invece sono talmente basse che basta poco per fare ricredere anche il più scettico. E’ una città dinamica, in profondo mutamento, ogni giorno cambia volto, gira firrìa e vota…

Palermo è una città che può lasciarti stordito e innamorato.
Se per caso mi raggiungesse un amico dalla Svizzera, un parente dall’Irlanda, un cugino da Trento, ci sarebbero tante cose da fare assolutamente, alcune delle quali rispecchierebbero i classici tour del centro storico; e poi aggiungerei un po’ di pepe, un po’ di magia.

Esperienza a Palermo: I Mercati Storici della Città.

La passeggiata tra i banchi di frutta, salumi, formaggi e pesce all’interno dei mercati principali di Palermo, La Vucciria, il Capo e Ballarò, è ormai diventata d’obbligo. I mercati si trovano in tre dei quattro mandamenti della città, quartieri in cui fu divisa Palermo nel XVII sec. Hanno il sapore della lontana dominazione araba; il termine Ballarò deriva da Bahlara, antico villaggio di mercanti arabi a Monreale. Anche il Capo ha origini arabe, il quartiere veniva detto Caput Seralcadi. La Vucciria invece ci porta al normanno boucherie, macelleria, ad indicare probabilmente la tipologia di merce in vendita, oggi molto più varia. La loro storia si percepisce ad occhio nudo, le strade piccole e tortuose, la confusione, i colori, gli odori contrastanti.
Fare qualche foto non basta. I particolari! Sono quelli che bisogna scovare e non è semplice.
Cominciamo dai prezzi, la simpatia dei mercatisti sta anche lì. Se pensi di leggere 1 Euro al chilo, stai già sbagliando, osserva bene come lo zero termini con una piccolissima linea verticale verso il basso, quasi invisibile, questa è davvero cura del particolare. E per magia l’Euro raddoppia.
Credi di non essere notato perchè infondo ci sono altri cento turisti come te, con macchina fotografica e cappello di paglia, ma se ascoltassi le urla dei venditori, se riuscissi anche a capirli, ti accorgeresti che si riserva sempre un simpatico complimento alle ragazze, che se per caso manifesti un minimo interesse per quei limoni giganti, sono sempre pronti a sciorinarne tutte le qualità benefiche. L’abbanniata è una pubblicità improvvisata, dedicata appositamente a qualcuno, personalizzata.
E poi, guarda in tutti gli angoli nascosti, troverai un murales antirazzista, una cappella votiva a Santa Rosalia piena di lumini accesi, una fila di lenzuola bianche e profumate stese al sole come nei film, le vecchiette sedute alla porta a cuntari u cuntu, il palazzo diroccato che ricorda quanto fosse stata nobile Palermo e il giardino nascosto e florido, quando meno te lo aspetti.

Il Festino di Santa Rosalia

Non toccate la Santuzza ai palermitani! Santa Rosalia, figlia di nobili, scelse l’eremitaggio per dedicare la sua vita a Dio e salvò Palermo dalla peste. Patrona della città dal 1624.
Se vi trovate a Palermo il 14 luglio sera, non pensate di poter sfuggire all’euforia della città. Il festino non si osserva dal balcone perchè fa caldo e si vede meglio. Il festino comincia dalla Cattedrale, presto perchè bisogna prendere i posti migliori. Ci si stupisce perchè qualsiasi cosa a Palermo sembra sempre inaspettata. Il festino si vive tra la calca di gente che a forza di spintoni, babbaluci e pollanche ti spinge fino alla Marina. E poi, anche se non ti sono mai piaciuti, i fuochi d’artificio si vedono tutti, fino alla fine, applauso compreso. E quando finisce tutto e ti ritrovi al Foro Italico, gremito di gente, non resisti e ti stendi sul prato. Quando ricominci a prendere aria, con gli occhi pieni di immagini, con le orecchie doloranti di urla, con la bocca allippata. Te lo chiedi perchè sei ancora lì, perchè hai deciso di farlo, ma ti rispondi sempre “perchè no?”

Mondello e Capogallo

A Palermo d’estate cercano tutti il mare, è vero, raggiungerlo non è una delle esperienze più gradevoli che si possano provare, autobus in ritardo, gremiti di gente, traffico, caldo.
Le mete più ambite sono sicuramente Mondello, con la riserva naturale del Monte Pellegrino e le sue famosissime ville in stile liberty, che fanno da scenografia ad una delle spiagge più belle della città. Meno noto invece Capo Gallo, riserva Naturale dal 2001, promontorio che separa Mondello da Sferracavallo, ricco di grotte e insenature affascinanti, per chi preferisce gli scenari selvaggi del sud.
Quando arrivi a destinazione, improvvisamente tutti i colori accecanti del golfo si rivelano come un abbaglio; non è solo il mare; è la città, è la folla sulla spiaggia, è il palermitano tipo che sotterra l’anguria sulla battigia per tenerla fresca, è il monte Pellegrino che cade sul mare come se avesse più caldo di te. Ti ritrovi a desiderare una granita e ti senti parte di quella città come fossi sempre stato lì. Palermo è accogliente, ti fa sentire a tuo agio, è una città schietta, senza fronzoli, non ci si può sentire estranei, è la città di tutti, in fondo lo è sempre stata.

Ma quanto altro ancora da scoprire a Palermo? Tanto, tantissimo. A Palermo non ci sono mai addii, solo arrivederci.

Considerare Palermo dal punto di vista artistico, architettonico, significa essere consapevoli dei secoli di dominazioni, cambiamenti, influenze variegate e distanti. Siamo evidentemente greci, latini, arabi, normanni, angioini, spagnoli. Lo si vede certo dalla fisionomia, da ogni volto. Lo si assaggia in cucina, lo si ascolta nei dialetti, si scorge passeggiando in centro. Se una cupola araba si staglia all’orizzonte subito dietro una chiesa barocca abbaglia per il candore dei suoi marmi.

Allora passeggiare per il centro storico è un viaggio nel tempo attraverso atmosfere lontane, improvvisi cambiamenti e stupefacenti contrasti. Farne esperienza diretta riempie gli occhi di dettagli. Non è una città che accontenta, Palermo. Nel senso che si ha sempre l’intensa curiosità di saperne di più, di andare più a fondo. Ed è una città che sicuramente non delude mai, Palermo. Certo, fa arrabbiare e addolora a volte, ma è la straordinaria bellezza che trattiene ed emana insieme che porta a crederla e desiderarla ancora più bella.

Dopo la Cattedrale, il Teatro Massimo, Piazza Pretoria e i Quattro Canti, dopo aver messo la spunta sui principali siti turistici presenti sulla mappa, alla città si chiede di più. E Palermo risponde allora stimolando in maniera insistente il turista curioso e attento.

Non è necessario allontanarsi troppo dal centro storico, del resto si sa, i tesori sono nascosti sempre sotto i nostri occhi. Allora svolti l’angolo, percorri un vicolo e lo trovi lì di fronte a te, immenso e fastoso perciò imperdibile o piccolo e in apparenza trascurabile, poi sorprendente.

L’Oratorio di San Lorenzo

Da corso Vittorio Emanuele, svolti l’angolo in Via dell’Immacolatella, percorri il vicolo stretto che già ti fa pregustare la presenza della Piazza San Francesco che si apre di fronte a te. L’Oratorio di San Lorenzo sorge a lato della Chiesa di San Francesco. Fu costruito nel 1569 dai francescani per ovviare al problema della sepoltura dei morti meno abbienti del quartiere della Kalsa.

Oggi è un unicum nel panorama barocco italiano, custodisce infatti i migliori risultati dell’arte del Serpotta.
Il Bianco delle tante sculture al suo interno è dato dalla tecnica magistralmente ideata dal Serpotta stesso che mescola gli stucchi con la polvere di marmo, il che conferisce una lucentezza e una plasticità eccezionale.

Le Virtù, i Putti, gli episodi della vita di San Francesco e lo splendido martirio di San Lorenzo, sembrano prendere vita. Forse lo stesso Serpotta si è voluto rappresentare tra i tanti personaggi presenti. L’Oratorio fino al 1969 ha ospitato una delle opere d’arte più belle e oggi più ricercate al mondo “ La Navità del Signore” di Michelangelo Merisi, il Caravaggio. Custodita sin dal 1609, trafugata poi, si teme possa essere stata bruciata o tagliata in più parti per poterla facilmente rivendere.

Santa Maria dell’Ammiraglio, San Nicolò dei Greci, la Martorana

I molteplici nomi che la identificano ci fanno già immaginare una ricca trafila di eventi che rendono oggi questa Chiesa un vero e proprio Monumento storico, patrimonio dell’umanità UNESCO.

Si trova in Piazza Bellini, dunque, lasciata Via Maqueda, alle spalle di Piazza Pretoria, quasi a nascondersi dalla meravigliosa fontana della Vergogna, la troviamo di fronte a noi e mai potremmo aspettarci da fuori quanta storia racchiuda in se.

Voluta da Giorgio di Antiochia, ammiraglio siriaco (ecco perché Santa Maria dell’Ammiraglio), nel 1143; successivamente fu più volte distrutta e restaurata. Questo avvicendarsi di eventi ha creato al suo interno una particolare mescolanza di stili. Rinomata soprattutto per i suoi mosaici che insieme a quelli della Cappella Palatina, senza dimenticare il Duomo di Monreale, costituiscono gli esempi siciliani migliori. Nota ai più come La Martorana, nome legato alla fondatrice del convento particolarmente conosciuto negli anni trenta del 1500, Eloisa Martorana.

Si narra che nel 1537, attendendo in visita Carlo V, le monache dispiaciute perché il giardino non si presentasse in tutta la sua floridezza, lo arricchirono con della frutta fatta con le mandorle e la colorarono. Per noi siciliani la frutta martorana oggi è una delle più antiche tradizioni gastronomiche, legata alla festività dei morti.

Palazzo Chiaramontie, detto anche palazzo Steri

Passeggiando verso il mare non si può non finire a Piazza Marina e da lì, nascosta dal uno dei ficus più grandi d’Europa, spettacolare monumento naturale, l’imponente costruzione.
Il Palazzo Steri (da hosterium, fortezza), fu dimora di Manfredi Chiaramonte nel XIV secolo. Fu anche, purtroppo, sede del Tribunale dell’Inquisizione e oggi del Rettorato dell’Università di Palermo.

Come tutti gli edifici della città, anche Palazzo Steri nel tempo ha subito modifiche e cambiamenti a volte avventati. Abbastanza serrata la polemica riguardante il restauro novecentesco, un intervento volto a cancellare tutto quello che potesse ricordare il passato oscuro del Tribunale dell’Inquisizione. Venne dunque eliminato il patibolo utilizzato per i criminali di bassa estrazione, anche le gabbie dove venivano esposte le teste ciondolanti dei nobili decapitati; queste però, come a dimostrazione che la storia non si può eliminare, mai, hanno lasciato profondi solchi.

Recentemente sono state riaperte al pubblico le carceri del Palazzo e al loro interno straziante la successione di graffiti dei prigionieri: poesie, preghiere, disegni. Il Palazzo è particolarmente noto anche perché ospita uno dei dipinti che è passato alla storia come simbolo della nostra città, La Vucciria di Renato Guttuso.
Ma quanti giorni dovreste rimanere a Palermo se è la vostra prima volta qui? Quanti giorni di ferie basterebbero per fare entrare nel proprio bagaglio tutto quello che la città ha da regalare? Tanti, troppi: forse, l’unica soluzione è tornare.

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